Cervi a Flassin. Nella nebbia a caccia di bramiti

 

Quanti modi e quante ragioni per andare per boschi.

Il giorno della festa dei cacciatori, qualche anno fa, animalisti e ambientalisti, con la dichiarata intenzione di contrapporsi alle doppiette, si trovarono al castello di Quart dove era stata organizzata, nei boschi circostanti, una grande caccia al tesoro a squadre intitolata “Caccia alla focaccia”. In pallio per i partecipanti, che dovevano risolvere quiz, superare prove di destrezza e improvvisare cori, c’era infatti un metro cubo di squisita focaccia divisa poi equamente tra vincitori e vinti.

Quest’anno una gita organizzata da Legambiente a inizio mese ha portato i partecipanti – due terzi di valdostani e un terzo di turisti – a sfidare il maltempo e a salire nella nebbia lungo la comba di Flassin, tra Etroubles e Saint-Oyen, per ascoltare il bramito dei cervi. Una caccia incruenta, fatta con occhi e orecchie, seguendo un esperto, Ghigo Rossi che, prima della partenza, ha illustrato le caratteristiche e le abitudini della specie, i problemi che crea ai boschi e le strategie messe in atto dai forestali per salvaguardare cervi e alberi.

Il tramonto è l’ora migliore per ascoltare il richiamo potente dei cervi maschi per i quali l’inizio dell’autunno è la stagione degli amori. La gravidanza di una cerva dura infatti poco meno di quella umana e i cuccioli nasceranno a primavera inoltrata, pronti a godersi il calore della buona stagione.

Alle 20 alla luce di torce elettriche e lampade frontali gli escursionisti sono tornati a valle mentre i bramiti dei cervi.continuavano a risuonare tutt’intorno.

Osservazione dei cervi al bramito

Il 2010 è stato proclamato dall’ONU “Anno internazionale della Biodiversità”. In Italia, l’attività di Legambiente si è concentrata sulle aree protette (Parchi, riserve naturali, Rete Natura 2000), che non sempre sono conosciute dai cittadini e la cui tutela non sempre risulta sufficiente.

Il Circolo Legambiente VDA ha già effettuato, per favorire la conoscenza di aree protette forse poco note ai più, 2 escursioni guidate : una nella valle dell’Alleigne (Champorcher) ed una nella zona umida della Val Ferret. Il ciclo di escursioni si concluderà il 3 ottobre prossimo, con una iniziativa particolare. L’escursione, questa volta, non si svolgerà in un’area protetta, ma nel vallone di Flassin, per osservare il comportamento dei cervi nella stagione degli amori, ed ascoltarne il caratteristico richiamo, il bramito. Sarà un’uscita pomeridiana, con la prospettiva di incontrare gli animali subito prima del crepuscolo.

“E’ una proposta dal fascino particolare – dice Alessandra Piccioni, Presidente del Circolo – attraverso la quale vogliamo anche ricordare all’Assessorato all’Agricoltura e Risorse Naturali l’impegno assunto nel vigente Piano Faunistico Venatorio: accogliendo una nostra precisa richiesta, il Piano impegna infatti l’Assessorato ad istituire nella zone di maggior concentrazione di maschi bramitanti oasi di protezione per la specie.”

L’escursione, completamente gratuita, si svolgerà nel pomeriggio di domenica 3 ottobre, secondo il seguente programma:

ore 15.15: ritrovo nel parcheggio dell’ospedale di Aosta (piano superiore) e partenza per Etroubles.

ore 16: nella sala consigliare di Etroubles il nostro esperto ci spiegherà cosa andremo a vedere nel vallone di Flassin.

ore 16.45: salita in macchina all’inizio del vallone di Flassin.

Ore 17-20 circa: risalita sulla poderale di accesso del vallone e incontro con i cervi.

La camminata in salita dura circa un’ora e mezza, ma non presenta difficoltà, svolgendosi interamente su strada poderale. Si consiglia di portare una torcia elettrica o una pila frontale per la fase di rientro.

L’iniziativa è completamente gratuita.

Stiamo cercando un locale ancora aperto ad Etroubles per cenare tutti insieme dopo la camminata (cena facoltativa e a carico dei partecipanti).

Prenotazione entro venerdì 1 ottobre via mail: legambientevda@teletu.it; o telefonicamente al 331-3107463

Le zone umide da salvaguardare

Siamo in vacanza in Valtournenche, come sempre negli ultimi 8 anni.

Una valle certo pesantemente sfruttata, ma ancora con scorci maestosi e angoli di vera bellezza alpina.

Con la famiglia proviamo un nuovo sentiero. Dopo aver fatto l’8 da Perrères a Promoron (un largo sentiero in piano, un classico per le famiglie), saliamo invece che verso la diga di Cignana, verso l’Alpe Cortina lungo il n˚ 2. Magico sentiero nel bosco, fino a una terrazza con vista sulla valle. Qui 4/5 laghetti o zone umide sarebbero un delizioso completamento di una superba passeggiata se non fosse che tutto è prosciugato. Decine di minuscole ranocchie cercano rifugio in 3 dita d’acqua. Nonostante l’arsura la vita brulica nelle minuscole pozze rimaste. Pochi metri più in su le malghe dell’Alpe Cortina drenano evidentemente tutta l’acqua disponibile.

Vado a curiosare.

Come al solito un caos di tubi di plastica nera, molti tagliati e abbandonati, in un generale senso di disordine e abbandono. L’acqua comunque va altrove. Nessuno ignora ormai quanto importanti siano le zone umide, e quanto rare siano in particolare quelle di montagna. L’acqua qui abbonda ovunque ed è utilizzata per tutto. Certo serve all’agricoltura. Ma con poca attenzione in più potrebbe essere anche di supporto alla biodiversità, un bene inestimabile, un valore culturale e un’attrazione turistica.

Les Iles, un esempio di progetti sbagliati

AOSTA – Avevo già criticato da queste pagine il progetto da 12 milioni di euro chiamato «Viva» che l’assessore all’agricoltura e la dirigente competente per le aree protette Santa Tutino avevano pubblicizzato in apertura di un recente convegno come finalizzato alla conservazione della biodiversità, ricevendo in risposta generiche affermazioni che nulla rispondevano nel merito.

Di tutti questi soldi solo una piccola parte, meno del 6%, saranno spesi realmente per proteggere e conservare le risorse naturali, il resto andrà a compiacere imprese, progettisti e consulenti impattando pesantemente sull’ambiente.

Un esempio formidabile di quanto affermo viene offerto a chiunque visiti oggi la piccola riserva naturale Les Iles: qui l’impreparazione dei progettisti ha toccato livelli di punta, perché per far passare la pista ciclabile, invece che utilizzare percorsi già esistenti, come per esempio la poderale che affianca l’autostrada o il tracciato della pista che già attraversa in parte l’area protetta, oppure ancora la sponda del fiume già cementificata, costruendo un nuovo tracciato è stato devastato e seriamente ridotto il già piccolo bosco ripario, ben strutturato dal punto di vista forestale e molto prezioso per mantenere alta la biodiversità del sito perilacustre. Forse il motivo di questa scelta risiede nel non voler espropriare poche migliaia di metri quadrati di terreni confinanti, risultato che si poteva comunque ottenere facendo scelte diverse da quella adottata. Ho paura ora di scoprire come verranno spesi gli altri soldi previsti per questa piccola riserva (in tutto 1,3 milioni di euro!) che aveva solo bisogno di essere chiusa al traffico veicolare, limitando anche quello delle biciclette e dei cani per proteggere meglio le specie di uccelli nidificanti, spendendo poche migliaia di euro.

Quando all’arroganza politica e a quella personale si accompagna anche l’ignoranza dei più semplici princìpi ecologici, si possono sprecare molti soldi e fare molti danni, rimanendo oltretutto convinti di essere nel giusto.

Biodiversità, la tutela passa dalla conoscenza

In merito alle affermazioni del signor Rossi, pubblicate il 5 giugno scorso, si rileva, con stupore, come ci sia ancora, nel 2012, chi ritenga che tutelare la biodiversità nelle Alpi significhi vietare qualsiasi intervento o azione umana, limitandosi a qualche studio scientifico i cui risultati possono, forse, essere condivisi e compresi da pochi eletti dotati di adeguate capacità. Tutelare la biodiversità per il signor Rossi non significa, quindi, anche promuovere la conoscenza del patrimonio naturale, lʼattività didattica, lʼinformazione e la divulgazione, definire modalità di fruizione sostenibili, coinvolgere gli operatori economici, le guide escursionistiche-naturalistiche e le strutture ricettive, sostenere gli agricoltori che lavorano nei territori tutelati. Peccato che le strategie europee e nazionali promuovano proprio tali attività, come ricordato anche dal rappresentante del ministero dell’Ambiente intervenuto in video conferenza (un altro indegno intervento?). A beneficio di coloro che non hanno partecipato all’incontro del 22 maggio, si precisa che le risorse citate provengono in gran parte da fondi statali o europei (Fondo europeo di sviluppo regionale, Programmi di cooperazione territoriale, Piano di sviluppo rurale ) che attraverso la promozione dello sviluppo socio economico contribuiscono, secondo lʼinterpretazione del signor Rossi, allo scempio naturale. Informazioni più dettagliate sull’uso di tali risorse sono reperibili sulle deliberazioni di giunta che, ricordo, sono atti pubblici. Peccato, ancora, che lʼinterlocutore, così preparato e consapevole della gravità del problema secondo le sue affermazioni, abbia scelto di comunicare il suo pensiero attraverso le pagine di un giornale, anziché intervenire nel dibattito, condividendolo in un confronto civile e democratico. Ma anche questo, forse, denota il livello di «biodiversità culturale» di chi preferisce sempre criticare piuttosto che condividere e costruire nuovi modelli di sviluppo e di relazioni.