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PASCOLI D’ORO: LE TRUFFE NEGLI ALPEGGI.

SI MOLTIPLICANO GLI INTERVENTI DELLA MAGISTRATURA PER REATI CON IMPATTI AMBIENTALI

In questi ultimi giorni si è avuto spesso notizia di indagini giudiziarie che hanno portato alla luce comportamenti illeciti su temi che la nostra associazione segue da tempo: dal sequestro di discariche alla speculazione per ottenere incentivi nati per promuovere energie pulite o pratiche di pascolo virtuoso e che invece finiscono nelle tasche di furbetti ai quali dell’ambiente non importa un fico secco.

Fin dai primi anni 2000, nel quadro della Politica agricola comunitaria (PAC), vengono offerti cospicui contributi dall’Europa alle aziende agricole che assicurino il mantenimento dei terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali attraverso il pascolo corretto, che contribuisce alla cattura di CO2 e apporta benefici al clima e alla biodiversità.

Questo obiettivo sembra tuttavia essere largamente disatteso da alcuni grandi speculatori e commercianti di bestiame che accumulano ricchi contributi europei adottando pessime pratiche agronomiche o mettendo in atto altri tipi di truffe. Un meccanismo perverso, declinato in modi diversi – con il sovrapascolo, con la sottoutilizzazione o addirittura con la mancata gestione del territorio – è venuto a galla grazie alle testimonianze di allevatori locali, sia in Valle sia in altre località delle Alpi e degli Appennini, dove ormai le inchieste giudiziarie su questo tema non si contano più.

Nei nostri alpeggi si vedono ogni anno salire enormi camion carichi di bovini, soprattutto vitelloni da carne di razze non autoctone, non adatte al clima e al terreno, e di fieno, di provenienza ignota, trasportato con costi notevoli e in gran quantità dalla pianura. Evidentemente il guadagno ottenuto con i contributi PAC è largamente superiore. L’eccessivo calpestio, il brucamento ad alta quota in pascoli chiamati, e non a caso, “l’erba delle pecore”, sui quali un tempo nessun allevatore serio avrebbe mai portato le vacche, sono un danno, e quindi una truffa. Altri danni e altre modalità criminali sono stati messi in luce dall’ultima inchiesta in corso in Valle d’Aosta denominata “Pascoli d’oro”: superfici brucate solo parzialmente, animali mai arrivati negli alpeggi, ovini e asini incustoditi, dispersi e poi trovati morti, usati solo per giustificare sulla carta i contributi percepiti.

Questo meccanismo contributivo tra l’altro facilita solo chi dispone di grandi risorse finanziarie e fa salire artificiosamente il prezzo degli affitti dei pascoli, rendendo impossibile ai piccoli allevatori competere per la monticazione del loro bestiame. A ciò si aggiunga che spesso sono proprio le amministrazioni locali che, per rimpinguare le casse comunali, mettono all’asta i propri alpeggi, che vengono accaparrati da chi – in genere personaggi provenienti da fuori Valle – è in grado di garantire affitti spropositati, inarrivabili per i i piccoli allevatori locali già in difficoltà per molti altri problemi. Questi ultimi sono quindi costretti ad affidare il loro bestiame a questi grandi speculatori senza scrupoli per il territorio.

Le cosidette “regole di condizionalità” relative ad ambiente, cambiamenti climatici e buone condizioni agronomiche del terreno, delle piante e al benessere degli animali, sono già presenti nel Piano di sviluppo rurale (PSR), ma mancano puntuali controlli (ora solo svolti a campione) e soprattutto non sono sufficienti le verifiche sulla congruenza tra quanto dichiarato nelle domande di contributo e la realtà. E naturalmente vanno puntualmente e rigorosamente applicate le riduzioni dei premi a seguito di violazioni delle norme.

Scoperchiata la pentola grazie alle inchieste giudiziarie chiediamo che si apra un dibattito al fine di offrire, anche grazie ai nuovi premi di recente istituiti dalla Regione (200 euro per ogni capo monticato), l’accessibilità agli alpeggi da parte degli allevatori locali e la fine di queste

Ancora incentivi dal Governo all’idroelettrico che rovina gli ultimi corsi d’acqua naturali

Comunicato stampa congiunto del Coordinamento nazionale tutela fiumi e di Legambiente Valle d’Aosta.

l Decreto Rinnovabili FER 1 non ha eliminato gli incentivi agli impianti idroelettrici nei corsi d’acqua naturali. Prevede, per l’accesso all’incentivo, la verifica e la certificazione, da parte delle Agenzie regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA), che l’opera sia conforme alle Linee guida del Ministero Ambiente adottate in base alla Direttiva Quadro Acque, e in particolare che sia conforme alle tabelle 11 e 13 delle Linee Guida ministeriali stesse.

Anche in Valle d’Aosta è ripresa quindi la corsa agli incentivi per le centraline idroelettriche, nonostante sia uno dei territori le cui acque sono tra le più sfruttate d’Italia, come il Coordinamento Nazionale Tutela Fiumi Free Rivers Italia e Legambiente VDA hanno più volte denunciato.

Le Agenzie regionali del Veneto, della Lombardia, del Piemonte si sono espresse in modo molto differenziato tra di loro e diverso rispetto ad ARPA della Valle d’Aosta nel valutare i progetti che hanno esaminato. Solo ARPA VdA ha ammesso agli incentivi tutti i progetti presentati.

Cinque sono i progetti presentati nell’autunno 2019 (altri si sono aggiunti nella primavera 2020). Fra questi, un nuovo impianto idroelettrico con opera di presa sul torrente Valnontey e centrale in località Cretaz, nel comune di Cogne presentato dalla Herren & F di Cogne. Il progetto è stato dichiarato da parte di ARPA conforme alla normativa e potrà avere accesso agli incentivi statali, nonostante comporti un notevole impatto e non sia del tutto conforme alle tabelle ministeriali.

Allo stesso modo sono stati dichiarati conformi gli altri 4 progetti: due sul torrente Evançon a Verrès (ditte Alenergy-ex Balzano e SIV, entrambe di Milano, con rappresentante legale Alberto Arditi), uno sul Saint Barthelemy (Saint Barth Basso di Courmayeur già Eaux Valdotaines) e uno sul torrente Urtier a Cogne (Energy Urtier con sede a Cogne).

Legambiente Valle d’Aosta ha chiesto chiarimenti sulle attestazioni rilasciate da ARPA, che si basano sulle direttive distrettuali dell’Autorità di Bacino del Po e non sulle tabelle 11 e 13 delle Linee Guida ministeriali, come invece stabilito dal Decreto Rinnovabili FER1.

ARPA dichiara che «le linee guida ministeriali sono state recepite in Conferenza Istituzionale Permanente presieduta dal Ministro dell’Ambiente. Pertanto, a meno di indicazione del Ministro dell’Ambiente, che in virtù della differenza tra concessione e incentivo e della necessità di criteri omogenei per la tutela ambientale e per una corretta concorrenza, inviti ad utilizzare le tabelle del DD 29 e metodi univoci proposti da SNPA, si ritiene opportuno utilizzare le indicazioni delle delibere distrettuali, e solo ove esse non regolamentino taluni aspetti si farà ricorso a quanto disposto dai DD 29 e 30».

Risulta, tuttavia, che indicazioni ministeriali per l’utilizzo delle tabelle 11 e 13 ci siano state: e allora si tratta di mancanza di dialogo tra istituzioni?

Così facendo, l’Italia rischia una procedura di infrazione comunitaria, oltre a rovinare gli ultimi torrenti naturali.

Insomma, un perfetto garbuglio all’italiana. E intanto il risultato è che si continuano a dare incentivi statali per opere che, in base ai dati del Gestore dei Servizi Energetici, forniscono una quantità di energia trascurabile.

A maggior ragione in un momento molto difficile per il nostro paese, secondo Free Rivers Italia e Legambiente VDA, servirebbe maggiore attenzione nell’erogare fondi pubblici e bisognerebbe puntare invece sulla valorizzazione dei corsi d’acqua naturali, anche con finalità turistiche.

FASE 2 : QUALE RIPARTENZA PER LA VALLE D’AOSTA?

Regione e Comuni puntino alla sostenibilità ambientale e a diventare modello avanzato di riconversione ecologica delle attività economiche

Con l’approssimarsi della progressiva uscita dal lockdown, anche la nostra regione si prepara al riavvio delle attività economiche. Il presidente Testolin ha annunciato, la scorsa settimana, un consistente impiego di fondi per avviare un piano di opere pubbliche, senza dettagliare il tipo di interventi che verranno cantierati.

Nei prossimi mesi, inoltre, saranno erogati aiuti alle varie categorie produttive ed economiche, per ristorarle almeno in parte dalle perdite subite e favorirne la ripartenza.

Ma come verrà declinata la Fase 2? Si replicheranno modi e forme di sviluppo economico già sperimentate e che hanno rivelato tutta la loro fragilità o sapremo cogliere l’opportunità per sperimentare nuove forme di sviluppo sostenibile? Sapremo rimettere al centro il benessere vero fondato su stili di vita buoni e sani?

Si tratta di un’occasione imperdibile. La sfida della riorganizzazione del trasporto pubblico e dell’incentivazione della mobilità dolce, su cui ci siamo già espressi sottoscrivendo una proposta insieme a FIAB e UISP, è solo uno degli aspetti su cui un utilizzo oculato dei fondi a disposizione può fare la differenza. Settori come l’edilizia, il turismo, l’agricoltura, possono essere al centro di profonde innovazioni, in direzione della sostenibilità ambientale, e di un rilancio forte della Valle d’Aosta, come modello avanzato di riconversione ecologica delle attività economiche.

Lo stesso Consiglio Regionale ha approvato atti di indirizzo che impegnano l’amministrazione ad imboccare la strada della sostenibilità, dare concretezza a queste mozioni di principio sarebbe una vera novità. Molte proposte già esistono. L’edilizia trarrebbe notevole slancio da un rafforzamento degli incentivi per la ristrutturazione degli edifici in vista di un risparmio energetico. Anche un piano di abbattimento/ricostruzione di molte abitazioni realizzate nei primi decenni del Dopoguerra, energivore e difficilmente ristrutturabili, darebbe un contributo significativo alla ripresa del settore. Agricoltura e zootecnia dovrebbero puntare più decisamente sul rafforzamento e l’ampliamento delle filiere di eccellenza alimentare, mettendo al centro le piccole e medie aziende, l’uscita graduale dall’uso della chimica in agricoltura, il legame con il turismo dolce.

La ripartenza del settore turistico avverrà potenziando l’offerta dell’approccio slow e puntando sull’allungamento della stagione estiva, come indicano molti analisti del settore.

La Valle d’Aosta può ora potenziare la sua offerta, diffondendo la presenza turistica sul territorio, mettendo in rete, accanto ai luoghi per cui siamo famosi, gli innumerevoli angoli ancora sconosciuti e contribuendo alla rinascita della media e bassa montagna e contrastandone lo spopolamento.

In questo contesto sarà utile sostenere le forme di ospitalità che meglio rappresentano l’accoglienza tipica delle nostre montagne, gli alberghi medi e piccoli provati dal distanziamento sociale e a rischio di chiusura. A tal fine vanno promosse anche forme di cooperazione e scambio tra operatori, creazione di reti di ospitalità (albergo diffuso, paese albergo ecc), già sperimentate, in modo episodico, anche in Valle. In questo modo si potrà non solo ripartire, ma anche migliorare, ponendosi come realtà pioniera nella riconversione sostenibile dell’economia.

Cambiamenti di modello di sviluppo, tra l’altro meno appetibili e penetrabili dalla criminalità organizzata così bene insediata chez-nous, consentirebbero infine una sanificazione dell’economia e della politica.

NEVEDIVERSA 2020. COSA OSTACOLA ANCORA IL TURISMO SOSTENIBILE IN VDA?

Torna anche nel 2020 Nevediversa, la Campagna invernale di Legambiente che vuole soprattutto invitare ad un approccio dolce alla neve, lontano da impianti di risalita, motoslitte ed elicotteri.

Un modo di scoprire la montagna, insomma, che privilegia il contatto diretto con la natura invernale, da scoprire in sicurezza al ritmo lento delle ciaspole, praticando sci di fondo o semplicemente passeggiando. Insomma: turismo sostenibile invernale.

Per questa edizione, il Circolo valdostano del Cigno verde propone a tutti i cittadini tre uscite, alla scoperta, come sempre, di altrettanti angoli splendidi della nostra Regione; tre giornate per riflettere sull’utilizzo del territorio, ieri e oggi, e sulla necessità di preservarlo o, quando è il caso, di rinaturalizzarlo.

Il programma permetterà di toccare con mano vari di questi aspetti.

Inizieremo infatti il 16 febbraio con una giornata sopra Doues, durante la quale andremo anche a vedere il relitto di un vecchio impianto di risalita abbandonato e ormai quasi inglobato nel bosco. La presenza di impianti dismessi e non smantellati tocca l’intero arco alpino ed è tempo di avviare un processo di rinaturalizzazione dei territori.

L’1 marzo (data nazionale della campagna Nevediversa) torneremo nel vallone delle Cime Bianche ribadendo, in questo modo, la nostra contrarietà al progetto di collegamento intervallivo tra la Val d’Ayas e Cervinia.

Infine, il 15 marzo, chiuderemo con una ciaspolata sopra Crevacol: una attività ben diversa da quella che si è tenuta il 26 gennaio scorso sul fondo valle della località, il Crevacol Ice Trophy (corsa di moto sul ghiaccio), manifestazione che avvalora, ancora una volta, l’immagine della montagna come divertimentificio, luogo nel quale ogni pratica è possibile, senza tener conto della fragilità dell’ambiente alpino.

Ecco il calendario in dettaglio:

DOMENICA 16 FEBBRAIO – Doues: escursione a Plan Dèbat

Ritrovo alle ore 9 a Variney (parcheggio di fronte al bar Papagrand).

Dislivello in salita: circa 600 m.; tempo di percorrenza in salita 2.30 h circa.

Solo per questa escursione, per chi desidera partecipare alla merenda-cena successiva, prenotazione obbligatoria entro le ore 20 di giovedì 13 febbraio.

DOMENICA 1 MARZO – Champoluc: escursione all’alpe Varda (Vallone delle Cime Bianche)

Ritrovo alle ore 9.30 a Saint Jacques, al capolinea bus.

Dislivello in salita: circa 650 m.; tempo di percorrenza in salita 2.30/3 h.

DOMENICA 15 MARZO – Saint Rhémy en Bosses: escursione all’Arp du Bois.

Ritrovo alle ore 10 nel piazzale di Crévacol.

Dislivello in salita 400 m.; tempo di percorrenza in salita 2 h. circa

Le iniziative prevedono un contributo di euro 5 a persona, comprensivi di accompagnamento con una guida e (eventuale) prestito di racchette e bastoncini.

Pranzo al sacco a carico dei partecipanti.

Al rientro, previsto intorno alle 16, possibilità di merenda-cena a carico dei partecipanti a prezzo concordato in locali del territorio.

Info e prenotazione OBBLIGATORIA entro le ore 18 del venerdì precedente l’uscita inviando una mail a legambientevda@gmail.com, oppure con messaggio Whatsapp o telefonando dopo le ore l8 a Denis 347 1237701 o ad Alessandra 331 3107463.

Le escursioni si svolgeranno con un minimo di 10 iscritti.

L’organizzazione si riserva di modificare i percorsi o annullare le escursioni, anche il giorno stesso, in caso di condizioni nivometereologiche avverse.

DISCARICHE POMPIOD E CHALAMY IL CONSIGLIO REGIONALE CI METTE UNA TOPPA ORA SERVE PUNTARE SULL’ECONOMIA CIRCOLARE

La discussione sul collegato alla legge di stabilità, approvata lo scorso 3 febbraio dal Consiglio regionale, ha visto una importante novità: l’ambiente e la salute dei cittadini hanno imposto l’agenda dei lavori attraverso il dibattito sulle discariche di Pompiod ad Aymavilles (oggi sotto sequestro per sospetto inquinamento ambientale) e di Chalamy ad Issogne (autorizzata ma non ancora in esercizio). Era infatti impossibile ignorare la pressione di Comitati, cittadini e associazioni, che si aspettavano una soluzione, o almeno che si riuscisse a mettere una toppa rispetto a scelte di errato governo del territorio.

Il testo approvato costituisce, a nostro avviso, appunto una toppa, ma presenta anche aspetti positivi che cercano di venire incontro alle giuste richieste dei cittadini. Tuttavia non è esente da rischi di ricorsi e impugnazioni: parliamo infatti, è bene ricordarlo, di due impianti già autorizzati, e dei quali è già stato individuato il gestore.

Per Chalamy, non ancora attiva, valutiamo positivamente la chiusura ad ogni possibile futuro conferimento di rifiuti (industriali?) di provenienza extraregionale, anche in considerazione della dubbia legittimità della proroga dell'autorizzazione.
Per Pompiod, ammesso e non concesso che l'azione giudiziaria ne permetta la riapertura, la limitazione al 20% della quota di rifiuti extraregionali, anche se migliorativa rispetto alla totale assenza di limiti, non mette di certo la parola “fine” né alla vicenda né alle preoccupazioni dei cittadini, ma rappresenta comunque un primo passo per risolvere la situazione delle discariche per rifiuti speciali in VDA.

Un altro passo significativo è l'approvazione dell'aumento delle tariffe di conferimento dei rifiuti in discarica (ecotassa) che ridimensiona l'estrema convenienza al conferimento da fuori Valle. 
Ci auguriamo che si prosegua su questa strada, anche per scoraggiare lo smaltimento puro e semplice, innescando finalmente meccanismi di economia circolare. Ricordiamo che la nostra regione è agli ultimi posti in Italia per percentuale di recupero e riciclo dei materiali inerti e speciali, e che solo da noi si aprono nuovi impianti, mentre sono in calo a livello nazionale.
 
L’equazione “ex-cava uguale futura discarica”, non va: Comuni e Regione devono ricordare che è loro compito pianificare e gestire l'uso del territorio, nell'interesse della collettività. 

Legambiente in collaborazione con i Comitati dei cittadini, continuerà a monitorare ogni aspetto della gestione dei rifiuti in Valle d'Aosta e a denunciarne le incongruenze.