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Salvaguardare la salute dei cittadini: no all’innalzamento dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici generati dalle radiofrequenze come previsto nel PNRR.

Pubblichiamo integralmente la lettera che è stata inviata, su iniziativa di Legambiente e con l’adesione di molte altre organizzazioni, ai Presidenti delle Camere ed al Presidente del Consiglio. Vogliamo che in Italia i limiti delle emissioni elettromagnetiche rimangano tra i più severi d’Europa, per tutelare la salute dei cittadini e dell’ambiente. Di seguito, il link per visualizzare le adesioni giunte in questi giorni e compilare il form per sottoscrivere l’appello. C’è poco tempo, aderisci!

https://vogliamolimiticautelativi.it/adesioni/

Egregio Presidente,

Vogliamo portare alla Sua attenzione quanto potrebbe accadere nel nostro Paese in tema di limiti sui campi elettromagnetici che, come sta ampiamente dimostrando la ricerca scientifica, sono non solo tra i più cautelativi in Europa ma anche allineati a quelli di altri Paesi europei che hanno in materia norme più protettive.

In Italia, infatti, il limite massimo di esposizione al campo elettrico a radiofrequenza (CEMRF) è di 20 Volt/metro (40 V/m per le onde centimetriche), ma si tratta di un limite valido per esposizioni brevi od occasionali, mentre il tetto di radiofrequenza (valore di attenzione) per il campo elettrico generato dalle radiofrequenze/microonde, per esposizioni all’interno di edifici adibiti a permanenza non inferiore a quattro ore giornaliere, è di 6 Volt/metro (DM 381/ 98 e DPCM 8/7/2003).

Gli enti, le associazioni, i comitati cittadini sottoscritti sono preoccupati per la tutela della salute e dell’ambiente e lo sono ancora di più dopo che la Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera ha espresso parere favorevole alla valutazione dell’innalzamento dei limiti di esposizione elettromagnetici correlati a un rischio emergente di inquinamento, dettato anche dalle nuove esigenze di digitalizzazione, tra cui lo sviluppo della tecnologia 5G.

Non siamo affatto preoccupati dello sviluppo di digitalizzazione per il nostro Paese, servizio e tecnologie che la pandemia ha messo in evidenza come auspicabili e necessari anche per superare le disuguaglianze sociali che abbiamo vissuto in questi mesi; ma il parere del 24 marzo u.s., espresso dalla IX Commissione Permanente della Camera, circa la proposta di adeguamento dei limiti di immissione elettromagnetica (Osservazione 15) a quelli vigenti nei Paesi Europei meno cautelativi in materia, di 61 V/m, suscita in tutti noi grande preoccupazione.

Il limite di 61 V/m non tiene conto delle numerose evidenze scientifiche che hanno ormai dimostrato la presenza di effetti biologici non termici anche molto gravi, fino a forme tumorali. Va sottolineato, in proposito, che i livelli di riferimento di cui all’allegato III della Raccomandazione del Consiglio CE 1999/519/CE di 61 V/m, validi solo per gli effetti termici, unici effetti considerati nella Raccomandazione, risultano 100 volte superiori a quelli italiani, quando confrontati con i nostri valori di attenzione. Infatti, la stessa Raccomandazione nel Considerando, precisa che: “l’obiettivo è la protezione della popolazione e pertanto essa si applica in particolare ai luoghi in cui singoli cittadini permangono per un tempo significativo rispetto agli effetti contemplati dalla presente raccomandazione” e che “gli Stati membri hanno facoltà, ai sensi del Trattato, di fornire un livello di protezione più elevato di quello di cui alla presente Raccomandazione”.

Il livello di protezione dei 6 V/m in Italia è vigente da 23 anni. Asserire che i limiti italiani sono inferiori solo di tre volte a quelli europei, quando lo sono di 100 volte in termini di campo elettrico e da 10 a 2,5 volte in termini di densità di potenza, è riduttivo e fuorviante rispetto alla reale entità del cambiamento e contrasta con il principio di non rilassamento del livello di tutela ambientale che gli Stati membri della UE si sono impegnati a rispettare con i Trattati. Qualora tale proposta venisse accolta nella normativa nazionale, non potremmo che ravvisarvi motivate criticità sul piano sanitario e ambientale.

Nel 2011 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’OMS (IARC) classificava i CEMRF, soprattutto quelli generati dal telefono cellulare, come “possibili cancerogeni per l’uomo” per l’aumento di tumori del cervello e del nervo acustico nell’area ipsilaterale con l’uso del telefono mobile osservato in studi epidemiologici negli utenti che avevano fatto un uso intenso del telefono cellulare. Nella comunicazione della IARC pubblicata nel 2013, fu precisato che una classificazione più severa non era stata allora possibile per la carenza di studi adeguati su animali da laboratorio a supporto dell’osservazione nell’uomo.

In realtà, già nei primi anni 2000 erano stati avviati due studi di dimensione adeguata, uno negli USA dal National Toxicology Program del governo americano, l’altro dall’Istituto Ramazzini di Bologna, due dei più importanti laboratori di ricerca sugli inquinanti ambientali. Entrambi questi enti di ricerca negli ultimi 40 anni hanno contribuito con le loro ricerche alla regolamentazione di importanti agenti quali il cloruro di vinile monomero, il benzene, la formaldeide, l’amianto. Gli studi sui CEMRF dei due laboratori sono stati completati e i risultati sono stati pubblicati nel 2018. Entrambi hanno rilevato aumenti statisticamente significativi di tumori maligni del cervello e delle cellule del sistema nervoso periferico (cellule di Schwann), proprio gli stessi tumori osservati in eccesso negli studi epidemiologici sui grandi utilizzatori di telefoni cellulari. Questi rari tumori sono stati osservati sperimentalmente anche per esposizioni pari a 50 V/m, cioè inferiori ai 61 V/m 61 V/m che costituiscono il livello di riferimento della Raccomandazione europea, ma superiori tanto al limite di esposizione occasionale, 20 o 40 V/m in dipendenza della frequenza, quanto al valore di attenzione, 6 V/m, italiani.

I risultati di questi due studi sperimentali hanno indotto lo specifico gruppo di lavoro della IARC ad inserire la rivalutazione dei CEMRF in calendario come priorità per il periodo 2020-2024, e quindi a breve termine.

Non si comprende, quindi, la richiesta di innalzamento dei limiti di esposizione ai CEMRF in Italia, che ripetiamo essere tra i più cautelativi al mondo che si accompagna al rilascio per il servizio di telefonia nuove bande di frequenza, come alcune di quelle utilizzate con il 5G, con un contemporaneo innalzamento dei limiti di protezione, non è necessario ed è quanto meno inopportuno, considerando i pericoli emersi da studi sperimentali ed epidemiologici sulle frequenze già in uso e l’incognita costituita da quelle che devono essere ancora rilasciate.

Gli enti, le associazioni, i comitati cittadini sottoscritti chiedono rispettosamente:

    1.  

di coinvolgere tutti i Ministeri competenti, a partire da quello della Salute, nel processo di valutazione di eventuali innalzamenti dei limiti di protezione relativi alle radiazioni elettromagnetiche. E su questi esercitare la Sua Alta Moral Suasion, perché il Governo non dissipi il patrimonio di civiltà acquisito in Italia, con riguardo alla protezione dall’inquinamento elettromagnetico, osservando il principio di non rilassamento e garantendo il più alto livello di protezione della salute e dell’ambiente, della popolazione, dei lavoratori e dei consumatori, coerentemente con l’impegno preso con i Trattati Europei.

    1.  

consentire lo sviluppo sostenibile di tecnologie utili, ma potenzialmente impattanti sulla salute e sull’ambiente come quelle che producono inquinamento elettromagnetico, garantendo il rispetto dei Principio di Precauzione e di Prevenzione. A tal proposito chiediamo che venga acquisito un rapporto indipendente da conflitti di interesse, analogo a quello che il Parlamento Europeo ha appena prodotto su “5G e impatto sulla salute”, redatto dalla ricercatrice italiana Fiorella Belpoggi (Istituto Ramazzini), anche lei firmataria di questa lettera o a quello recepito dal Parlamento Italiano, con la Mozione 1-00360/1999 votata all’unanimità alla Camera dei Deputati e senza voti contrari al Senato, alla cui redazione hanno contribuito altri firmatari della stessa.

    1.  

mantenere per i campi elettrici generati dalle radiofrequenze/microonde all’interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere, il valore di attenzione di 6 Volt/metro;

    1.  

riportare la misurazione del campo elettrico o della densità di potenza dell’onda elettromagnetica per i controlli dei Comuni e delle ARPA a medie sui 6 minuti invece che nelle 24 ore, come prevedeva la norma tecnica CEI 211-7. La conseguenza della modifica introdotta dal decreto legge del Governo Monti n. 179/2012 è quella di ignorare i picchi di esposizione più significativi durante gli orari di maggior traffico dati;

    1.  

mantenere e favorire lo strumento del regolamento Comunale come forma di pianificazione territoriale e tutela sanitaria, in particolare per categorie particolarmente vulnerabili (L.Q. 36/2001 art.8 comma 6);

    1.  

finanziare ricerche indipendenti, epidemiologiche e sperimentali, sulle onde centimetriche del 5G a 26 GHz (non ancora studiate in maniera adeguata,) finalizzate ad approfondire i possibili impatti sulla salute.

Signor Presidente, vorremmo in conclusione sottolineare che, nella presente situazione, l’ipotesi di un rilassamento del livello di tutela della salute della popolazione, dei residenti e dei consumatori, nonché dell’ambiente, con l’innalzamento dei livelli di esposizione ai CEMRF potrebbe generare effetti sanitari dannosi nonché sollevare motivate preoccupazioni nell’opinione pubblica. Dunque, a nostro avviso, non essendoci motivazioni tecnologiche, ma solo ed esclusivamente economiche, le chiediamo di respingere ogni proposta di innalzamento dei limiti più volte esplicitata dalle imprese del settore.

I FIRMATARI

Stefano Ciafani, presidente Legambiente

Fiorella Belpoggi, Direttrice Scientifica, Istituto Ramazzini, Bologna

Fausto Bersani Greggio, consulente Federconsumatori (RN)

ABBRUCIAMENTI DEGLI SCARTI AGRICOLI. CONTINUANO LE SEGNALAZIONI DEI CITTADINI!

Da settimane continuano a giuncerci segnalazioni, soprattutto dalla Bassa Valle, ma anche dalla zona tra Sarre e Saint-Pierre,, di fuochi che appestano l’aria. Spesso sono generati troppo vicini alle abitazioni, e comunque condizionano la salute di chi abita nei pressi.

Benzoapirene, polveri sottili, in alcuni casi anche diossine. E’ necessario trovare soluzioni alternative ad un problema di “pulizia” del territorio, che indubbiamente esiste. Ma la soluzione non può consistere nella pratica generalizzata degli abbruciamenti, a danno di chi abita in una valle stretta come la nostra, la cui morfologia non permette la dispersione degli inquinanti .Le basse temperature invernali, inoltre, tengono schiacciati in basso i fumi, regalandoci un non gradito aerosol che si aggiunge agli inquinanti generati dal riscaldamento domestico e dagli autoveicoli.

E’ ora di dire basta! In caso di roghi con effetti negativi, simili a quelli che vedi nel filmato qua sotto (realizzato nella zona di Donnas, nel week end 6-7 febbraio), segnala quello che sta accadendo alla Stazione Forestale competente per il tuo Comune, oppure chiama direttamente il 1515 .

Per info sulle Stazioni Forestali, consulta il sito della Regione VDA a questa pagina:

https://www.regione.vda.it/corpoforestale/Chi_siamo/staz_forestali/default_i.aspx

Guarda il video

Appello alla Corte dei Conti

La Regione dal 2014 non riscuote le sanzioni per gli illeciti prelievi di acqua operati a scopo idroelettrico.

Nei giorni scorsi Legambiente, anche a nome di altre associazioni ambientaliste che hanno condiviso l’impegno per l’aggiornamento del PTA, Piano di Tutela delle Acque, ha presentato un esposto alla Corte dei Conti della Regione.

Quantificate i danni all’economia e all’ambiente della Valle d’Aosta – questo è l’appello di Denis Buttol, Presidente del Circolo ambientalista, rivolto ai Giudici contabili – e chiedete l’incasso dei milioni dovuti, prima che le sanzioni cadano in prescrizione”.

Il tema, su cui si chiede alla Corte di fare chiarezza, individuando anche eventuali responsabilità amministrative e politiche, riguarda la mancata riscossione delle sanzioni per gli illeciti che la Regione ha rilevato nei confronti delle imprese dell’idroelettrico e di cui non ha mai sollecitato il pagamento.

Ne è prova un elenco di 163 violazioni accertate dal Corpo Forestale nel periodo tra il 2014 e il 2019 che risultano a tutt’oggi “in istruttoria”.

Il danno economico non è quantificato, ma si può ipotizzare che ogni sanzione “valga” decine di migliaia di euro, per un totale che potrebbe ammontare a qualche milione di euro.

Ancor meno quantificabile è il danno che è stato arrecato ai torrenti della regione che, talvolta per mesi, talvolta per anni, sono stati privati delle loro acque. Un corso d’acqua lasciato a secco corrisponde ad un ecosistema acquatico distrutto, che difficilmente si ricostituirà.

Un danno enorme per il nostro sistema naturale, per il paesaggio e per l’economia turistica.

LA PROTESTA DEI PESCI DI FIUME : 25 GENNAIO 2020

TRE PRESIDI IN VALLE D’AOSTA E CIRCA CENTO IN TUTTA ITALIA PER SALVARE I NOSTRI CORSI D’ACQUA DALL’IDROELETTRICO SELVAGGIO

Comunicato stampa

La Protesta dei pesci di fiume di sabato 25 gennaio 2020 sarà una giornata di mobilitazione nazionale con sit-in presidiati contemporaneamente dalle Alpi agli Appennini dalle associazioni che da anni si battono per la salvaguardia dei torrenti di montagna contro il proliferare “selvaggio” delle centraline del mini-idroelettrico.

In Valle d’Aosta, LegambienteVda e il Comitato per la salvaguardia e la tutela di Cortlys, hanno organizzato 3 presìdi:

  • Ad Aosta sul torrente Buthier, all’altezza del ponte presso l’Arco d’Augusto;
  • Nus sul Saint Barthelemy, dove attraversa la Statale; 
  • A  Gressoney la Trinitè sul Torrente Lys a Staffal.

Gli appuntamenti saranno ad Aosta alle ore 15,15; a Nus alle ore 14,15; a Gressoney alle ore 14. Sono tutti aperti liberamente al pubblico.

L’evento sarà condiviso simultaneamente in oltre un centinaio di sit-in in tutta Italia. Verranno scattate delle foto, ritratti dei selfie e girati dei brevi filmati che saranno immediatamente inviati al promotore della manifestazione: Legambiente nazionale in collaborazione con Free Rivers Italia, il coordinamento di tutti i comitati italiani per la tutela dei fiumi liberi.

Questi sit-in vogliono riportare l’attenzione del Ministero dell’Ambiente sulla questione dell’idroelettrico. Lo scorso anno, il Decreto FER-1, pur mantenendo gli incentivi agli impianti idroelettrici nei corsi d’acqua naturali, li ha condizionati al rispetto di alcuni criteri a carattere ambientale. La manifestazione chiede al Ministro di garantire il più rigoroso rispetto di tali criteri nella concessione di incentivi.

L’incentivo di Stato è la causa principale del moltiplicarsi delle centraline e della corsa senza regole alla concessione ai prelievi idrici, che si spinge fin nei piccoli torrenti di montagna, ancora integri nella loro naturalità. Proprio su questi corsi d’acqua minori, la proliferazione di impianti idroelettrici costituirebbe una violazione della Direttiva Quadro Acque e causerebbe negli ecosistemi acquatici offese ambientali irreversibili con pesante pregiudizio per la biodiversità. Esporrebbe infine il nostro Paese ad una probabile nuova Infrazione Comunitaria.

Danni gravissimi, per un contributo di energia rinnovabile irrisorio ma sostenuto con un incentivo spropositato riconosciuto ai privati/alle imprese idroelettriche dal Gestore dei Servizi Energetici. Ricordiamo che l’incentivo è finanziato dai cittadini con le bollette delle utenze domestiche, per un importo complessivo di circa 1.301 milioni di euro all’anno, garantito ai produttori per più di vent’anni (fonte GSE – 2018).

La manifestazione vuole dare voce all’ambiente. Per questo ha scelto come suo simbolo/portavoce il Cottus Gobio, detto comunemente Scazzone. La specie, diffusa in molti fiumi di tutta l’Europa, è minacciata in Italia soprattutto dalle opere di regimazione dei corsi d’acqua e dalla diminuzione delle portate, oltre che dall’inquinamento.

E’ tempo di mobilitarsi per la vita dei nostri fiumi !

per contatti:

Legambiente Valle d’Aosta – 3385474044

Comitato per la salvaguardia e la tutela di Cortlys – 3498237393

Note sulla scelta dei siti:

Il torrente Saint-Barthelemy, affluente della Dora, scorre nel vallone omonimo e sfocia nella Dora a poca distanza dal paese di Nus. Nel suo percorso (20 km) alimenta una ventina di prelievi a scopo irriguo e una decina di impianti idroelettrici. Il torrente, già riconosciuto come corso d’acqua naturale di pregio ambientale a vocazione salmonicola, è stato canalizzato ed arginato nell’ultimo tratto dopo l’alluvione del 2000. Oggi, tra i muraglioni, scorre una quantità di acqua minima in qualsiasi stagione dell’anno. E’ l’esempio lampante del sovra sfruttamento che interessa tutti i corsi d’acqua della regione.

Il torrente Buthier (35 km), uno dei più lunghi e importanti della VdA, raccoglie tutte le acque del massiccio del Gran Combin. Fin dalle sue origini (a m.1968 s.l.m.) dà luogo all’impianto idroelettrico di Place Moulin (il più grande invaso della regione). Da lì in avanti viene captato a servizio di altri innumerevoli impianti. L’ultima captazione, appena a monte di Aosta (Signayes), dirotta le acque alla centrale di St. Marcel. Quel che resta attraversa la città, arginato in modo spropositato rispetto alle poche acque che a stento riescono a bagnare l’intero alveo.

E’ un esempio di tutti i torrenti valdostani che sono stati derivati a scopo idroelettrico.

Il torrente Lys nasce dal ghiacciaio del Monte Rosa e, dopo aver percorso per 38,5 km l’omonima valle, confluisce nella Dora. Nonostante le acque del suo bacino siano già intensamente sfruttate per la produzione idroelettrica, esistono vari nuovi progetti, in diverso stato di avanzamento. Uno di essi aggredirebbe il tratto iniziale del torrente (Cortlys), l’unico ancora conservato nel suo stato naturale all’uscita del ghiacciaio.

Anche in questo caso siamo di fronte ad un esempio di tutti i torrenti valdostani che sono stati derivati a scopo idroelettrico.

Legambiente sostiene la petizione del comitato “la valle non e’ una discarica”.Firma anche tu!

A questo link è possibile firmare la petizione promossa dal Comitato “La Valle non è una discarica”, contro l’apertura di un impianto per rifiuti industriali ad Issogne.

https://www.change.org/p/abitanti-valle-d-aosta-stop-allo-smaltimento-di-rifiuti-industriali-in-discariche-per-inerti-47ad8172-4873-4862-8692-56b5f85648c2?recruiter=975674944&utm_source=share_petition&utm_medium=facebook&utm_campaign=share_petition&recruited_by_id=5b734dc0-9728-11e9-9ff8-314d62878a36&utm_content=starter_fb_share_content_it-it%3Av5

Invitiamo tutti i cittadini a firmare, per dare un segnale forte di appoggio, e per proteggere il nostro territorio. Ci sono 22 cave di inerti, che in futuro potrebbero essere impiegate come discariche.

Invitiamo anche tutti a partecipare al prossimo incontro pubblico, lunedì 11 novembre prossimo a Donnas,alle ore 20.30 presso l’Oratorio.