Introdotte da Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente, il Circolo valdostano presenterà sabato 3 dicembre pomeriggio le testimonianze dirette di soggetti che vivono in prima persona gli effetti di un uso poco corretto delle acque.
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Blitz di pulizia alla Torre del Lebbroso ad Aosta. I rifiuti giacevano abbandonati da mesi.
Dietro segnalazione di abitanti del quartiere, che lamentavano l’accumulo di rifiuti sulla scalinata d’accesso al piano inferiore della Torre del Lebbroso, abbiamo fatto presente la criticità al Comune, che ci ha comunicato di avere girato la segnalazione alla Soprintendenza ai Beni Culturali, cui compete la cura e pulizia dei siti.
Ma le settimane sono passate inutilmente e abbiamo così deciso di occuparci in prima persona della risoluzione del problema. D’altra parte, cercando informazioni su internet, ci siamo imbattuti in un articolo di inizio settembre che riportava una foto sul degrado del luogo perfettamente sovrapponibile a quello da noi riscontrato a distanza di mesi.
La Soprintendenza ai beni culturali opera con scrupolo per la valorizzazione e conservazione delle bellezze della nostra regione, lo vediamo in tante iniziative di promozione del nostro patrimonio storico. Riteniamo quindi possibile che ogni tanto perda dei pezzi, anche se il luogo da noi pulito non era sul retro del monumento ma proprio sulla centrale via Festaz.
Osserviamo altri luoghi oggetto di disattenzione: ad esempio, sempre nel capoluogo, la Tour du Pailleron, visibile tra l’altro da tutti i turisti che arrivano dalle stazioni ferroviaria e dei pullman, con le aperture chiuse da pannelli di compensato e circondata da reti di plastica arancione da cantiere, con cartelli che recitano “edificio pericolante”; forse non il modo migliore di valorizzare un importante monumento.
L’azione di oggi dei volontari di Legambiente intende essere uno stimolo a ricercare sempre la bellezza nei luoghi in cui viviamo, bellezza di cui, fortunatamente, siamo ricchi.
A Introd due nuovi lupi
100 mila euro di finanziamento pubblico per un discutibile modello educativo
A Legambiente gli zoo cammuffati da risorsa per il territorio non piacciono.
Dietro imprese quali i parc animalier si nasconde un commercio che ribalta la logica secondo la quale sono mantenuti in cattività animali selvatici che, o per le ferite riportate o per altre disgrazie, non possono essere reimmessi in natura. Nonostante le apparenze e malgrado il loro successo, questi zoo offrono una visuale distorta del benessere animale perché inserisce gli esemplari non nel loro ambiente naturale ma in un habitat finto, senza alcuna funzione educativa o ambientale.
La recente acquisizione, da parte del Parc animalier di Introd, di una coppia di lupi da una struttura dell’est europeo aumenta la triste attrattività dello zoo valdostano (che negli anni ha suggerito il sorgere di un suo clone a Champdepraz).
Ai due lupi, che in natura percorrono decine di chilometri al giorno, sono dedicati 5800 mq di terreno recintato: solo per dare un’idea, un campo di calcio di quelli che vediamo alla tv misura più di 7100 mq.
I proprietari del parco già ipotizzano la possibilità di una cucciolata: in questo modo, dopo aver incrementato le visite per mostrare i nuovi nati, potranno venderli, seguitando così il commercio di animali nati in cattività e, in quanto tali, utilizzabili solo per scopi simili.
Ma i proprietari del Parco, il cui obiettivo è meramente lucrativo, fanno il loro mestiere, e sicuramente otterranno il loro scopo. Quello che ci colpisce è il finanziamento pubblico europeo di 100.000 euro che passa attraverso il GAL, Gruppo di Azione Locale, che ha come scopo la “valorizzazione del territorio incentrato sul TURISMO SOSTENIBILE inteso come turismo responsabile che porta ricadute positive sul territorio in termini ambientali, occupazionali e culturali” (il maiuscolo grassettato è sul sito del GAL stesso).
Già nel 2005 era stata assegnata una Bandiera Nera di Carovana delle Alpi all’assessorato regionale all’Agricoltura e Risorse Naturali per un analogo contributo di 100.000 euro, funzionale alla nascita di questo parc animalier (proprio alle porte del Parco Nazionale Gran Paradiso!)
Legambiente deplora l’uso distorto di soldi pubblici, che dovrebbero essere prioritariamente rivolti a sostenere il mondo agricolo e che invece vengono usati per progetti che offrono una visione falsata di una fauna, rinchiusa in recinti più o meno ampi, di cui la Valle è naturalmente generosa.
Verde pubblico di Aosta.Legambiente ha incontrato l’assessore Cometto. Forse salvi i pioppi di via Carducci.
l giorno 21 ottobre 2022 una delegazione di LegambienteVdA ha incontrato l’assessore con delega al Verde del Comune di Aosta Corrado Cometto per presentare alcune preoccupazioni e alcune richieste.
L’attenzione si è subito appuntata sui tagli di alberi che interessano periodicamente la città e che suscitano spesso proteste e lamentele da parte dei cittadini. Laddove ci siano situazioni di criticità certificate da perizie, l’associazione ovviamente condivide la necessità di messa in sicurezza, ma è necessario venga data opportuna e preventiva informazione alla cittadinanza di questi tagli, delle ragioni per cui vengono fatti e degli eventuali progetti di reintegro del verde così impoverito.
L’assessore, convenendo che esiste un generale problema di comunicazione tra amministrazione e cittadini, ha precisato che, nel caso specifico di via Giorgio Elter, i tagli per far posto alla pista ciclabile, già deliberati dalla maggioranza precedente, sono stati comunicati con ritardo solo per un disguido tecnico.
Sempre in merito alle piste ciclabili abbiamo espresso all’assessore preoccupazione e contrarietà per il ventilato abbattimento di alcuni bei pioppi dell’area verde lungo le mura romane di via Carducci, oggetto in questi giorni di polemiche. Legambiente ritiene infatti tutto lo spazio per far passare la ciclabile senza toccare gli alberi. L’assessore ci ha assicurato che si sta andando nella direzione da noi auspicata: non solo le piante saranno lasciate ma un secondo nuovo filare andrà ad ombreggiare la ciclabile.
Entro fine anno inoltre – continua l’assessore Cometto – verrà avviata una importante opera di piantumazione, sia per rimpiazzare alberi abbattuti e ricomporre filari, sia per costruirne di nuovi: l’assessore ci ha parlato di circa 200 piante. Alla nostra richiesta di una programmazione di più ampio respiro sulle politiche di gestione e sulla predisposizione dello strumento del Piano del verde comunale, la risposta è stata che al più tardi entro fine dicembre si avrà l’affidamento del censimento del patrimonio arboreo del Comune, strumento senza il quale viene difficile ragionare con efficacia sul futuro.
Per quanto riguarda l’appalto per il verde, attualmente biennale e prorogabile, abbiamo chiesto se c’è un controllo sulla qualità degli interventi della ditta appaltatrice (manutenzione, irrigazione, fontanelle, ecc). L’assessore ha risposto che anche questo aspetto è stato considerato e appaltato a 2 DEC (direttori esecutivi del contratto). Tutto è certamente migliorabile, ha affermato Cometto, ma rispetto all’amministrazione precedente sono stati fatti già decisi cambiamenti, uno tra tutti il potenziamento dell’ufficio comunale per il verde, che ha praticamente raddoppiato il suo organigramma. La spesa complessiva per il verde è risalita, negli ultimi anni, dai 150 ai 600 mila euro, tornando quasi a livello pre-crisi economica.
Siamo così giunti, parlando di tante cose, ad un problema facilmente misurabile: l’applicazione della legge nazionale che prevede di piantare un albero per ogni nuovo nato. Il Comune – se non si considerano i mille alberi di recente piantati in via Paravera – è inadempiente, e l’assessore dice di non sapere dove posare le circa 250 nuove essenze da abbinare agli altrettanti nati annuali. Abbiamo proposto di individuare, se non si trovano altri spazi, qualche luogo nella zona collinare. La legge ha una forte componente simbolica e sarebbe bene che il Comune cogliesse questa occasione per ribadire l’importanza delle piante come elemento di vita per tutti. L’assessore ci ha assicurato l’interessamento su questa tematica.
Abbiamo poi parlato degli orribili pannelli pubblicitari che offendono la dignità di molte aree verdi (come nei giardini Lussu, o lungo il Buthier su via Chabod) o che restringono (inutilmente, essendo quasi perennemente “non acquistati”) molti marciapiedi; abbiamo parlato della riconversione a parco dello stadio Puchoz; abbiamo parlato di tetti fotovoltaici; del progetto di bosco urbano appena messo a dimora in via Paravera; dei giardinetti dei bambini e della loro manutenzione, giochi compresi.
Insomma è stata una chiacchierata a tutto tondo, molto garbata e piacevole, abbiamo messo sul piatto delle problematiche spesso già note ma soprattutto abbiamo avuto la percezione che si stia lavorando per migliorare la città e il suo rapporto con il verde. A tanta disponibilità speriamo seguano effettivamente azioni concrete in modo da poter parlare, al prossimo incontro, di risultati e di nuovi obiettivi.
Il commento di Legambiente al Convegno Dighe e territorio
(St.Vincent 11 ottobre 2022)
Bisogna programmare il tipo di sviluppo da adottare
A conclusione del convegno che Itcold con CVA e con Iren hanno tenuto a St. Vincent l’11 ottobre scorso, Legambiente, che è intervenuta all’incontro con la presenza fra gli oratori di Vanda Bonardo (rappresentante nazionale dell’Associazione), ritiene utile tirare le fila dei problemi emersi, anche alla luce delle dichiarazioni dei partecipanti istituzionali.
Iniziamo con l’osservare che, alla fine, tutti gli oratori hanno preso atto che in Valle d’Aosta non è più possibile realizzare delle grandi dighe, e non perché (come sostiene il presidente di CVA Argirò) la popolazione non le accetterebbe, ma semplicemente perché le condizioni territoriali e geografiche non lo permettono. In sostanza perché tutti i corsi d’acqua della Regione sono già sfruttati sia a scopo idroelettrico, sia a scopo irriguo, nell’intero loro percorso. I pochi corpi idrici ancora liberi da prelievi idroelettrici (ma non da quelli irrigui) si trovano nelle aree naturali protette (parchi e aree Natura 2000), e ci rammarica il fatto che il Dirigente regionale incaricato della tutela del territorio, l’ingegnere Rocco, “auspichi la riduzione o almeno la non prolificazione di tali aree” (La Stampa 13/10/2022).
E’ pur vero che la popolazione è sempre più sensibile al tema delle acque e insorge ogni qualvolta scopre che il proprio torrente è destinato a scorrere sottoterra, nelle condotte, per servire l’ennesima centralina. Magari qualcuno, come sostenuto da Argirò, lo fa postando su Facebook il suo disappunto, ma il più delle volte la protesta si manifesta raccogliendo centinaia di firme, come era successo a favore della salvaguardia del torrente Lys nel suo tratto iniziale (Cortlys), su cui ancora si presentano nuovi progetti ogni anno perché la Regione ritiene ancora valida una concessione del 2009 molto impattante e di bassissima produzione (proprio quegli impianti su piccole derivazioni che tutti gli oratori hanno riconosciuto come inutili e dannosi).
Se com’è noto siamo molto critici rispetto al piccolo idroelettrico, riteniamo necessario chiarire che i nuovi invasi, da tutti auspicati, non trovano necessariamente la nostra opposizione, soprattutto se parliamo di piccoli invasi a servizio dell’irriguo. Ricordiamo che, per tradizione, in passato ogni derivazione irrigua aveva a disposizione una o più vasche di trattenuta delle acque (denominate “piscine”) per conservare l’acqua necessaria nei momenti di maggiore esigenza. Questi bacini “d’antan” andrebbero ripristinati, se spariti, e usati a scopo idroelettrico solo in determinati casi legati a particolari condizioni ambientali. La cosa più importante, che giustamente è stata sottolineata da più intervenuti, è la necessità di programmare il tipo di sviluppo da adottare, partendo dai dati di realtà della situazione esistente. Proprio quei dati di realtà che non ci sembrano così conosciuti, almeno per quanto riguarda la Valle d’Aosta.
Relativamente all’artificializzazione dei corsi d’acqua presente in VDA fin dal 1500, dobbiamo anche dire che a noi non risulta che, fin da quell’epoca, i torrenti rimanessero in secca per tutta l’estate per asservire l’irrigazione. Ci risulta invece che durante tutta l’estate dell’anno in corso alcuni torrenti siano rimasti totalmente in secca, senza DMV, come ad esempio il torrente St. Barthelemy, venendo così addirittura a mancare l’acqua agli agricoltori e agli allevatori locali: sarebbe inoltre interessante e utile avere i dati della produzione delle 5 nuove centrali entrate in funzione che derivano le acque dallo stesso torrente.
Un ultimo appunto sui bacini, invocati dai conduttori degli impianti sciistici, a servizio dell’innevamento artificiale.
Ci sembra che di tutti gli usi (potabile, irriguo e a servizio dell’agricoltura e delle attività lavorative e umane, di produzione di energia) quello dell’innevamento sia l’ultimo in ordine di importanza, il meno indispensabile. Se, come purtroppo temiamo, l’acqua verrà sempre più a mancare e le temperature continueranno a salire come affermato da molti studi (tra questi ricordiamo i dati contenuti nel rapporto dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, agenzia dell’Onu, dal titolo “Stato dei servizi climatici 2022”, apparso sui media nei giorni scorsi e in cui si dichiara che, ad esempio a Cortina, tra 14 anni lo sci potrebbe essere impedito dalla neve bagnata), chi continua a puntare tutto solo sullo sci entrerà in crisi. L’economia delle località turistiche dovrà diversificare la propria offerta per sopravvivere: siamo certi che potrà farlo egregiamente se saprà puntare sulle attrattività turistiche e sugli sport diversi da quello dello sci. Ma attenzione: questo potrà avvenire se nel frattempo non si continuerà a compromettere il territorio, ma piuttosto si opererà indirizzando i nuovi investimenti pubblici a sostegno delle tante attività più compatibili che stanno nascendo nelle nostre montagne.