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Emergenza Covid pretesto per rilanciare speculazione edilizia e consumo di suolo L’Avviso vergogna del Sindaco di Torgnon

Su segnalazione di alcuni abitanti e persone originarie del comune di Torgnon, siamo venuti a conoscenza del vergognoso Avviso, diffuso durante le scorse settimane, a firma del Sindaco della località della Valtournenche.

L’avviso, con il pretesto di voler favorire la ripresa economica e le attività edilizie sul territorio, incita i cittadini a richiedere modifiche al Piano Regolatore al fine di ottenere l’edificabilità di nuovi terreni ora vincolati ad altri usi.

Si tratta di una iniziativa pericolosa, in spregio all’urgenza segnalata da tutti gli osservatori – in ultimo il recente rapporto ISPRA relativo all’anno 2019 – di mettere fine al consumo di suolo, una risorsa non rinnovabile, e alla necessità di puntare all’obiettivo “zero consumo” al 2040.

Il suolo è alla base della produzione di cibo e foraggio e immagazzina CO2, servizi ecosistemici che vengono compromessi dalla copertura artificiale e dalla cementificazione, aumentando altresì il rischio di dissesti idrogeologici.

A livello nazionale anche la Coldiretti osserva come “l’ultima generazione sia responsabile della perdita in Italia del 28% della terra coltivata per colpa della cementificazione e dell’abbandono, frutto avvelenato di un modello di sviluppo miope e autolesionista”.

A Torgnon c’è un patrimonio edilizio assai esteso, ci sono complessi in abbandono e almeno una settantina di appartamenti in vendita. Ogni famiglia residente possiede generalmente più appartamenti.

Il rilancio dell’attività edilizia passa dal recupero degli edifici esistenti e dal loro risanamento energetico, oggi incentivato in modo straordinario dal Bonus nazionale del 110% e dai complementari provvedimenti regionali.

L’improvvida iniziativa dell’amministrazione di Torgnon è in contrasto con ogni principio di pianificazione urbanistica: siamo in attesa di conoscere il pensiero dell’Amministrazione regionale e degli Assessori competenti.

ARRIVA LA CAROVANA DEI GHIACCIAI!

Partirà il 17 agosto prossimo dal Miage la Carovana dei ghiacciai, la nuova campagna di Legambiente, realizzata in stretta collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano, per monitorare lo scioglimento dei ghiacci e fare opera di divulgazione e sensibilizzazione sul tema del cambiamento climatico.

A breve sarà pronto il programma dettagliato della tappa valdostana, che pubblicheremo sui nostri canali di informazione.

carovana delle alpi 2020. bandiera nera alle giunte regionali e amministrazioni comunali di issogne e champdepraz in carica dal 2014 al 2019

MOTIVAZIONE: per aver autorizzato la realizzazione di una discarica per “rifiuti speciali non pericolosi” a due passi dal Parco Naturale del Mont Avic, scrigno di ambienti protetti e biodiversità montana.

Dal sito istituzionale della Regione Autonoma Valle d’Aosta: “Il Parco Naturale Mont Avic, primo parco naturale valdostano, è stato istituito nell’ottobre 1989 al fine di conservare le risorse naturali presenti nella medio-alta valle del torrente Chalamy, in comune di Champdepraz”.

Gli ambienti selvaggi, le zone umide, i laghi alpini di incomparabile bellezza, la ricca biodiversità dei luoghi hanno contribuito, nel corso degli anni e soprattutto nell’ultimo decennio, alla diffusione di un turismo dolce e attento alla montagna. I confini del Parco si sono ampliati, comprendendo anche alcune zone del comune di Champorcher.

Tutto ciò faceva sperare che le zone immediatamente a valle del territorio del Parco fossero considerate alla stregua di fasce di rispetto. Aree in cui, in altri termini, fossero evitate attività potenzialmente impattanti per l’ambiente e non idonee ai due piccoli Comuni (Issogne e Champdepraz) che costituiscono le “porte d’accesso” del Parco.

Così non è stato, purtroppo.

Nell’ottobre del 2014 la Giunta Regionale valdostana allora in carica autorizzava la realizzazione e la gestione di una enorme discarica per rifiuti speciali inerti nel comune di Issogne ad una ditta privata, la CAPE s.r.l., proprietaria dei terreni interessati. L’impianto avrebbe dovuto sorgere in una cava dismessa al confine con il Comune di Champdepraz, e la quantità massima di stoccaggio assentita era di 270.000 metri cubi. Le tipologie di rifiuti includevano non solo inerti derivanti da edilizia e scavi, ma, applicando il massimo delle deroghe ammesse dalla normativa, anche rifiuti industriali, incluse sostanze chimiche potenzialmente pericolose, residui della lavorazione metallurgica, ecc.

L’impianto, però, non fu realizzato nei 5 anni previsti dalla suddetta Deliberazione, ma la CAPE richiese e ottenne dalla Regione una proroga di 24 mesi. Poco dopo, la Regione autorizzò la società DIMENSIONE GREEN srl, con sede a Segrate (MI), a rilevare l’attività, concludere i lavori e avviare lo stoccaggio dei rifiuti industriali.

Lo stato dell’arte è ora il seguente: a valle di uno dei più importanti siti naturali della Valle d’Aosta, attraversato dal tratto terminale del torrente Chalamy – e soggetta a rischio di inondazione – sta sorgendo una mega discarica di rifiuti industriali che potrebbe stoccare fino a 3.000.000 di metri cubi di materiale.

La Giunta Regionale attualmente in carica, incalzata dall’attivismo del Comitato “La Valle non è una discarica” composto da residenti nei Comuni interessati, ha finalmente cercato di porre dei limiti alla prevedibile importazione da fuori regione di rifiuti industriali, ma il provvedimento regionale è attualmente sottoposto a due impugnazioni :una della ditta Dimensione Green: al TAR regionale e una seconda, da parte del Governo italiano,addirittura dinnanzi alla Corte Costituzionale.

Tutto questo poteva essere evitato. E’ mancata, come spesso accade, un’idea di governo del territorio, sia da parte delle amministrazioni locali che ora si oppongono al progetto, sia da quella regionale che ha scelto, per ben due volte e con due Giunte diverse, di autorizzare una discarica di rifiuti anche industriali.

Governo del territorio significa valutare a quali usi destinare una determinata area. Nel nostro caso, si sarebbe potuto evitare di trasformare una cava dismessa in discarica.

In quel sito esiste un laghetto, costituitosi in seguito alle precedenti attività di estrazione, che poteva essere destinato, ad esempio, ad area di protezione degli uccelli migratori, per integrare l’offerta turistica dei Comuni del Parco.

Motivo per cui Legambiente assegna una Bandiera Nera della Campagna nazionale di Carovana delle Alpi a Regione e Amministrazioni comunali.

CAROVANA DELLE ALPI 2020 .BANDIERA VERDE ALLE GIUNTE REGIONALI IN CARICA DAL 2014 AD OGGI

MOTIVAZIONE: per aver portato avanti e realizzato il percorso “Cammino Balteo”, nell’ambito del Progetto Strategico “Bassa Via della Valle d’Aosta”, impiegando risorse comunitarie, statali e regionali in direzione del turismo sostenibile.

Il Cammino Balteo è un percorso escursionistico, adatto anche al cicloturismo, che si snoda per circa 360 km ad una quota altimetrica compresa tra i 500 e i 1900 metri s.l.m.

Suddiviso in 24 tappe, attraversa 48 Comuni, valdostani di bassa e media montagna, consentendo di compiere un anello completo. L’itinerario parte infatti dal primo Comune che si incontra entrando in territorio valdostano, Pont Saint Martin, e raggiunge Morgex, ai piedi del Monte Bianco, da dove si può intraprendere il ritorno lungo un tracciato diverso.

Tutti i paesi toccati dispongono di strutture ricettive, e il percorso comprende aspetti di grande varietà, spaziando dagli ambienti solitari dei tratti più in quota al paesaggio rurale del fondovalle. Numerose le emergenze storico-architettoniche toccate dal sentiero, che invogliano alla scoperta di piccoli e grandi capolavori poco conosciuti.

La progettazione, avviata nel 2014 nell’ambito del “Programma investimenti per la crescita e l’occupazione 2014/2020” del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), cofinanziato dall’Unione Europea, dallo Stato e dalla Regione stessa – che l’ha seguita in particolare attraverso il Servizio di Sentieristica – si è imperniata sulla messa a sistema di una serie di tracciati già esistenti, che sono stati progressivamente risistemati e integrati a partire dal 2016. Oggi il Cammino Balteo, seppure con qualche tratto ancora da rettificare, è quasi interamente percorribile e l’amministrazione regionale ha cominciato a promuoverlo.

In una fase di profonda instabilità politica per la Valle d’Aosta (dal 2013 il tempo di vita media di una Giunta non raggiunge l’anno) colpisce favorevolmente la costanza con cui il progetto Bassa Via è stato portato avanti. Segno che l’idea del turismo sostenibile, della necessità di allungamento stagionale e della valorizzazione dei territori meno conosciuti è accettata trasversalmente dal mondo politico locale, anche se questo non determina ancora una messa in discussione della visione dominante del turismo di massa.

Siamo consapevoli che i Comuni attraversati dal Cammino Balteo, al di fuori delle mete ben affermate (e talora anche troppo affollate) dei circuiti dei tour operators, ospitano tanti piccoli gioielli che meritano di essere apprezzati: i parchi minerari di Saint Marcel e Challand-Saint Anselme, il recupero di mulattiere storiche, degli antichi rus (il sistema di canalizzazioni in quota realizzato nel Medioevo per sostenere l’agricoltura), la valorizzazione della gastronomia locale, giusto per fare degli esempi, sono elementi già in larga parte presenti sul territorio. Ora è necessario servirsi di questo percorso per incrementare e coordinare questa offerta: ricca sì, ma puntiforme, e conseguentemente poco conosciuta.

Auspichiamo che il Cammino Balteo costituisca il punto di partenza per una conversione radicale del turismo in Valle d’Aosta, che valorizzi le eccellenze locali e favorisca un approccio più autentico al nostro territorio, rafforzando l’offerta sostenibile e promuovendo un’accoglienza diffusa. I Comuni rivestiranno un ruolo nodale in questa avventura, e si potrà creare una stagione nuova per la bassa e media montagna, dopo decenni di difficoltà e progressivo spopolamento.

La Bandiera Verde assegnata agli amministratori regionali che negli anni hanno permesso la realizzazione del Cammino Balteo è pertanto un segnale di fiducia verso una nuova e diversa prospettiva di sviluppo dei territori.

INQUINAMENTO AMBIENTALE E CAS ACQUA CONTAMINATA, POLVERI DIFFUSE E CAPANNONI OBSOLETI LA REGIONE INTERVENGA PER RISTRUTTURARE L’ACCIAIERIA

La chiusura delle indagini sul presunto inquinamento delle acque a valle degli scarichi della CAS, dei terreni adiacenti lo stabilimento e dell’aria, non fa che confermare i timori che cittadini e associazioni esprimono da anni.

Anche se il procedimento si è concluso con la richiesta di archiviazione, e non sussistono profili di responsabilità penale degli indagati – tutti dipendenti o consulenti della CAS – le motivazioni espresse dal pm Eugenia Menichetti non fanno che aumentare le nostre preoccupazioni. Infatti è l’Amministrazione regionale che, nel concedere l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), non ha inserito alcuni limiti specifici sulla concentrazione dei fluoruri nelle acque degli scarichi parziali, consentendo inoltre all’azienda di diluire gli inquinanti in acqua prima dello scarico nella Dora Baltea.

Un quadro sconfortante e in contrasto con il Testo Unico Ambientale: una situazione, aggiunge il magistrato, in cui la Regione accetta una pratica non consentita ben sapendo che i limiti strutturali dello stabilimento, dovuti alla sua obsolescenza, non permettono di rispettare quanto prevede la legislazione a tutela dell’ambiente.

La pm constata, infatti, che la vetustà dell’impianto rende impossibile una riduzione significativa degli impatti ambientali connessi alla produzione.

Questi aspetti emersi dalle indagini e dalle consulenze richieste dalla Procura delineano, a nostro avviso, un situazione grave. Più volte il nostro Circolo ha sottolineato come l’obsolescenza delle strutture rappresentasse un limite insormontabile per un abbattimento significativo dell’inquinamento connesso inevitabilmente all’attività dell’acciaieria. Ricordiamo, per l’ennesima volta, che tutta l’area e gli edifici sono di proprietà di VDA Structure, società partecipata a capitale totalmente regionale. E che alcune parti dello stabilimento risalgono ai primi decenni del secolo scorso. Oltre al problema della contaminazione delle acque del nostro fiume e, forse, della falda sotterranea, la vetustà dello stabile è anche alla radice del problema delle emissioni diffuse, di cui si parla da anni. Una situazione, oltretutto, destinata ad aggravarsi con il passare del tempo, se si continuerà a cercare solo il contenimento dei problemi più che la loro risoluzione.

Come ambientalisti e come cittadini che hanno a cuore la salute di tutti (e ci preoccupa in particolare quella dei lavoratori dell’acciaieria), chiediamo a questo punto alla Regione tre cose precise:

  1. che venga avviato il procedimento di modifica dell’AIA, al fine di eliminare le difformità segnalate dal pm Menichetti inerenti le concentrazioni di fluoruri nelle acque di scarico della CAS e porre fine alla pratica della diluizione;

  2. che venga dato immediato incarico ad ARPA di svolgere una campagna di monitoraggio e studio per la ricerca degli inquinanti tipici dell’acciaieria, con particolare riferimento ai fluoruri, al fine di definire il reale stato delle acque sia della Dora Baltea che della falda sotterranea di Aosta;

  3. che venga finalmente avviato un graduale processo di ristrutturazione dell’acciaieria. Sappiamo che questo è un punto delicato e complesso, ma, crediamo, non più rinviabile.

E in conclusione Legambiente si rivolge anche al Comune di Aosta, il cui Sindaco, lo ricordiamo, ha responsabilità precise in materia di salute pubblica, per chiedere la convocazione immediata dell’Osservatorio della Qualità dell’Aria, anche in forma telematica, per discutere della situazione dello stabilimento e acquisire dall’azienda e dall’amministrazione regionale gli opportuni approfondimenti.