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VERDE PUBBLICO : un patrimonio di tutti, ma poco considerato.

Siamo di nuovo a parlare di verde pubblico e di alberi in relazione al nostro capoluogo regionale, Aosta.

Sgomberiamo subito il campo da dubbi: il verde è importantissimo per le città ma siamo consapevoli che la gestione degli alberi si porti dietro oneri per le amministrazioni pubbliche non trascurabili. Quindi non vogliamo sottovalutare i problemi e le difficoltà che una corretta gestione del verde pubblico comporta. Tuttavia come associazione riceviamo da parte di cittadini molte lamentele che vanno dal decoro delle aiuole fino al disagio per gli abbattimenti di piante anche di valore.

E’ notizia di pochi giorni fa il taglio di un altro dei maestosi cedri dell’area ex Testafochi dovuto, a quanto si legge da una nota del Comune, ad un errato intervento di una ditta all’opera per la creazione della pista ciclabile, con taglio delle radici e conseguente necessità di abbattimento per scongiurare il rischio di instabilità della pianta.

Come Legambiente, nell’estate più calda che a memoria ricordiamo, osserviamo la necessità di avere alberi con chiome atte a diminuire le bolle di calore in una città sempre più cementificata. Facciamo presente gli enormi vantaggi ecosistemici di cui gli alberi sono portatori, oltre al loro valore estetico e depurativo per l’aria, e rimarchiamo come da tanti anni le piante siano state vissute dalle amministrazioni che si sono succedute come un problema anziché una risorsa.

Ricordiamo però che il Sindaco Nuti in campagna elettorale ha molto puntato la propria comunicazione sul tema degli alberi, cosa che ha destato in noi grandi aspettative.

Vorremmo di conseguenza che venisse data più dignità al settore del verde pubblico, riservandogli le energie necessarie (economiche, dirigenziali e operative) idonee finalmente a costruire una rinascita green della città, partendo proprio con la sostituzione degli alberi abbattuti in questi anni e proseguendo con una progettazione di riqualificazione generale del verde, prevedendo piante idonee alla crescita in contesto urbano (ma che siano piante vere, non cespugli!) secondo le migliori tecniche botaniche.

Vorremmo che fosse ripresa e applicata la legge nazionale del 1992 che richiede ai Comuni di mettere a dimora un albero per ogni neonato, non fosse altro che per il suo significato simbolico.

Vorremmo che la creazione delle agognate piste ciclabili non fosse l’occasione per nuovi tagli ma piuttosto per la riduzione dei volumi di traffico veicolare in città.

Vorremmo infine che Aosta accogliesse i suoi turisti, e coccolasse i suoi abitanti, con più verde urbano: il panorama intorno alla città, fatto di boschi e montagne, ci gratifica ma non è sufficiente.

Chiediamo al Sindaco, che parlava di 5000 nuovi alberi entro fine legislatura, di iniziare a dare dei segnali in tal senso. E’ un obiettivo raggiungibile, ma ci deve essere volontà politica. Chiediamo quindi una inversione di marcia rispetto alle consiliature precedenti non a parole ma con atti coraggiosi misurabili.

Anticipiamo fin d’ora la richiesta di un confronto sul tema al termine della pausa estiva.

LEGAMBIENTE VDA ADERISCE AD AOSTA PRIDE 2022

Legambiente VDA è fiera di far parte dell’organizzazione del Pride di Aosta perché da sempre si batte anche per i diritti delle persone, per una società più giusta ed inclusiva. Come sosteniamo la biodiversità di Gaia, per un futuro del pianeta libero ed in armonia, così sosteniamo l’unicità degli individui liberi di amare,verso un futuro di pace.Siamo contro ogni tipo di discriminazione ed esclusione sociale. Pensiamo che avere a cuore le sorti delle persone e del pianeta siano due cose inscindibili.

Consideramo il Pride una festa dell’amore e dei diritti!

QUALE STRATEGIA TURISTICA DIETRO ALLA STELLA DI PLATTA DI GREVON? OCCORRE UN DIBATTITO PUBBLICO ALLARGATO

E’ trascorso un mese dall’esito della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale sul progetto di nuova telecabina che dovrebbe collegare, in 3 tronconi, la zona di arrivo dell’impianto che sale da Aosta alla Platta de Grevon.

E’ stata emessa una valutazione “positiva condizionata”, ossia un assenso generale al progetto, che deve però sottostare alle richieste di modifica, mitigazione degli impatti e gestione dei cantieri delineate dagli uffici regionali.

Abbiamo cercato di esaminare l’atto in modo approfondito, in particolare per capire quali fossero le condizioni dettate dal Comitato Tecnico per l’Ambiente che ha emesso il parere, per rendere il progetto compatibile con la tutela ambientale che la normativa italiana e comunitaria impongono.

Andiamo con ordine. Durante la fase di evidenza pubblica, in cui era possibile fare osservazioni, Legambiente ha riconosciuto la vocazione allo sci invernale di Pila e si è detta d’accordo sull’ammodernamento degli impianti: abbiamo però avanzato una proposta alternativa, chiedendo la rinuncia alla trasformazione in funivia della parte alta, quella che arriverebbe in vetta alla Platta de Grevon, e di conseguenza anche alla realizzazione della stazione di arrivo-ristorante a forma di stella alpina. Anche altre proposte alternative erano arrivate al tavolo degli uffici. Inoltre quasi tutte le strutture regionali coinvolte hanno sollevato perplessità articolate e richiesto approfondimenti alla società proponente.

La Pila SPA ha così integrato la documentazione, e su queste sia Legambiente sia altri soggetti avevano presentato ulteriori osservazioni riattivando l’iter di VIA.

Arriviamo quindi alla situazione attuale. Ora il parere positivo condizionato deve essere confermato con Deliberazione di Giunta: il problema è che il parere di VIA di condizioni ne detta assai poche, rimandando le questioni più spinose alle successive fasi progettuali, le quali, però, si svolgeranno nell’ambito del tavoli previsti nell’Accordo di Programma tra la Regione e la società funiviaria. Ossia, vale la pena sottolineare, in situazioni e contesti totalmente sottratti alla partecipazione dei cittadini.

Legambiente chiede una cosa semplice semplice: perché questa scelta?

Sono ormai anni che i progetti di collegamenti intervallivi e di impianti funiviari suscitano un vivace dibattito nella società valdostana. Di fronte al cambiamento climatico si confrontano due ipotesi: da un lato l’idea dell’amministrazione regionale e di una parte degli operatori turistici di mantenere il modello attuale di turismo invernale, orientato sullo sci alpino, innalzando la quota dei comprensori sciistici; dall’altro l’idea che sosteniamo da tempo ed è condivisa da molti cittadini ed operatori del settore, di cominciare da subito a lavorare ad un nuovo modello, che rinunci a nuovi grandi impianti, mantenga in servizio quelli esistenti ove possibile, e cominci a sviluppare nuove forme di turismo sostenibile invernale. Si tratta, quindi, effettivamente di un importante dibattito sul futuro turistico della montagna.

In questa situazione di grande fermento dialettico, ci pare particolarmente inappropriato sottrarre il progetto di Pila al pubblico dibattito, relegandolo a segrete stanze in cui nessuno, a parte i tecnici, potrà accedere. In particolare questo progetto, che prelude al collegamento funiviario con Cogne e implica scelte che condizioneranno il modello turistico e le finanze pubbliche per i prossimi decenni. Non dimentichiamo infatti che le società funiviarie usano in maggioranza capitale pubblico, e quindi soldi dei cittadini.

In conclusione, di fronte a scelte che l’Assessore Bertschy ha definito, qualche mese fa, di strategia generale, e di fronte ad una crisi climatica che ha fatto dire al Presidente Lavevaz che ci troviamo già oggi di fronte ad uno scenario che era atteso a metà del secolo, come si può pensare di progettare piste a 2700m. di quota da innevare artificialmente? Come garantire che le enormi quantità di acqua da impiegare non siano sottratte ad altri settori, per esempio all’agricoltura o all’uso potabile?

Il cambiamento climatico impone delle scelte anche sul modello turistico invernale. Sarebbe bene poterne discutere pubblicamente. Chiediamo quindi alla Giunta Regionale di riportare le scelte sul progetto di Pila alla luce del sole.

DEL DEFLUSSO MINIMO VITALE E DEL DEFLUSSO ECOLOGICO NEI TORRENTI DELLA VALLE D’AOSTA

OVVERO

QUANDO I POLITICI RACCONTANO LE FAVOLE DELLA BUONA NOTTE

LETTERA APERTA ALL’ASSESSORE REGIONALE CARLO MARZI.

Egregio Assessore,

il 23 giugno u.s. in Consiglio Regionale Lei rispondeva ad una interpellanza di PCP sui deflussi minimi vitali e sulla necessità di passare dal DMV al Deflusso Ecologico.

Stando alle sue affermazioni pare che il Deflusso Ecologico sia già applicato in VdA fin dal 2006 nonostante le normative europee ne prevedano l’introduzione entro il 31 dicembre 2021: siamo in anticipo sull’Europa di 15 anni! Peccato che non ci sia ancora alcuna legge regionale che ne regolamenti l’applicazione.

Sempre dalla sua risposta risulta che l’obbligo del rilascio del DMV sia stato esteso a tutti i concessionari idroelettrici fin dal 2006. Ci spiace smentire, ma proprio il PTA del 2006 ha esentato dall’obbligo del DMV tutte le centrali della CVA. Esenzione che è a tutt’oggi valida! Salvo che nel frattempo sono state attivate delle sperimentazioni (per 85 impianti stando ai suoi dati).

Conosciamo queste sperimentazioni. Sperimentazione è la parola magica che permette di non dover mai rendere conto di quello che si fa. Negli anni abbiamo seguito, ad esempio, la sperimentazione che interessa il torrente St Barthelemy: per anni abbiamo fotografato e segnalato in ogni stagione il torrente in secca nel tratto di attraversamento della Statale a Nus. Vede Assessore, nell’esempio del Saint Barthelemy la situazione che si nasconde dietro il termine “sperimentazione” è il fatto che sul torrente, già super utilizzato a scopo irriguo, negli ultimi anni si sono aggiunte ben 4 nuove centrali (oltre a quelle già presenti). Inoltre la cronica carenza di acqua, che ora si cammuffa dietro la parola “sperimentazione”, risale nel tempo ed è dovuta al fatto che le derivazioni irrigue che interessano la collina di Nus soffrono la concorrenza di un’altra derivazione che si situa a monte, alle origini del torrente. Una buona metà delle acque viene sottratta al torrente per servire, tramite una condotta in galleria, il comprensorio di Verrayes e viene utilizzata, nello specifico, dalla centralina di Joux Energie la cui titolarità risale all’imprenditore Alberto Arditi.

Di fatto si verifica nei confronti del torrente St. Barthelemy uno sfruttamento eccessivo, che è stato risolto con un facile intervento: “permettere ai concessionari di non rispettare il DMV”, cioè legalizzare l’illegalità e permettere che il torrente, che risulta nel PTA ricco di acque e a vocazione salmonicola, sia prosciugato per la maggior parte dell’anno e ormai privo di qualsiasi forma di vita.

Se, stando alle sue parole, sulla carta (ma dobbiamo ancora scoprire quale “carta”) la Valle d’Aosta ha definito delle “metodiche che non hanno eguali a livello nazionale”, dovrebbe forse convenire con noi sul fatto che nella realtà dei fatti il rispetto del DMV è per la VdA una chimera.

Eppure, anche su questo punto, Lei si ostina a ritenere che “i casi di non ottemperanza sono limitati” a dispetto di quanto emerso a questo proposito non meno di una settimana fa, sempre durante il dibattito in Consiglio regionale, sul mancato rispetto del DMV e sull’inadeguatezza delle sanzioni.

Quelle sanzioni emanate dalla Regione e rimaste in sospeso, quelle che a noi risultano da documenti ufficiali essere 163 al 2014, ma che qualche giornale con un titolo sensazionalistico ha fatto salire a 500.

E fra queste, quella sanzione da 20 euro che l’ing. Arditi (sempre lui) si è rifiutato di pagare, preferendo installare una telecamera non per garantire un costante DMV ma per riprendere (e poi denunciare) il personale della Forestale addetto ai controlli.

Parliamo di quello stesso Arditi che nei giorni scorsi ha invitato, presso la propria sede, tutti i Consiglieri regionali ad un incontro il prossimo 28 giugno, in quanto referente regionale di Assoidroelettrica, forse per “insegnare” ai tecnici come si controlla il DMV.

In definiva, assessore Marzi, vorremmo sapere come si fa, in questa situazione, a dire che “non vi è la necessità di predisporre un provvedimento normativo” e come si fa a minimizzare e a permettere che un numero sempre maggiore di torrenti sia destinato a fare la fine del Saint Barthelemy.

Se poi volesse spiegarci quali sono le prospettive future che Lei intende realizzare attraverso il Piano di Tutela delle Acque ricomparso in questi giorni, magari con parole semplici e comprensibili da tutti gliene saremmo molto grati.

Gentile assessore, nel rigraziarLa per l’attenzione, Le ricordiamo che queste domande sono poste nell’interesse di migliaia di valdostani interessati alla difesa dei nostri corsi d’acqua – fatto sempre più sentito e importante – a fronte di un ristretto numero di impresari che hanno, anche giustamente, solo interesse al proprio profitto. In questo momento storico in cui riveste questo importante ruolo istituzionale, sta a Lei decidere a quali interessi dare più importanza.

Aosta il 27 giugno 2022

Legambiente VdA

carovana delle alpi 2022: barndiera nera al comune di saint vincent

MOTIVAZIONE : per la scelta di investire sulla ristrutturazione degli impianti di risalita del Col de Joux, da tempo sottoutilizzati a causa del cambiamento climatico.

DESCRIZIONE : Molte persone conoscono Saint-Vincent come la “Riviera delle Alpi”, nota meta turistica della Valle d’Aosta. Pochi però sanno che al Col de Joux, la frazione più alta di questo Comune, è stata operativa fino al 2018 una piccola stazione sciistica.
Si tratta di due impianti (una seggiovia biposto e uno skilift a piattello) che partono da 1640 m.slm. La seggiovia raggiunge la quota più alta, 1957 m.slm.
Il piccolo comprensorio, che attraeva soprattutto famiglie e scuole di sci locali, a partire dal 2009 ha risentito fortemente del cambiamento climatico, ritardando spesso l’apertura di stagione per carenza di neve e
diminuendo progressivamente i giorni di esercizio. Anche il ricorso all’innevamento artificiale è stato spesso reso impossibile dalle temperature troppo elevate.
Di fronte a questa situazione sarebbe stato naturale cercare di imboccare una strada diversa per mantenere viva e attrattiva la piccola località turistica. Le possibilità offerte dal Col de Joux sia in estate che in inverno sono infatti molteplici: i versanti dolci e boscosi, le balconate panoramiche sulla vallata centrale, la pace e la tranquillità di questo luogo sono elementi che potrebbero essere valorizzati per costruire un’offerta ampia di turismo sostenibile, sia escursionistico sia per famiglie.
Ma le scelte sono state diverse, purtroppo, anche se, con il passare degli anni, innevamento e giorni di apertura degli impianti hanno continuato a calare. 
Nel 2014, il Comune, proprietario degli impianti, ha deciso di abbattere circa 1000 piante per allargare unapista esistente e realizzarne una nuova con l’intento di omologarla per gare di sci. Gli alberi sono stati abbattuti, nonostante l’opposizione di molti cittadini e del locale Circolo di Legambiente, ma il declino della stazione è inesorabilmente continuato.
Nel 2018, il Comune ha sospeso l’utilizzo degli impianti, ed ha commissionato uno studio per capire se fosse economicamente sensato e sostenibile effettuare i non più rinviabili lavori di revisione degli impianti di risalita. Gli esiti di questa analisi, che ha richiesto circa due anni, restituiscono un quadro inequivocabile: il comprensorio non si regge da sé, non offre garanzie di poter lavorare con continuità a causa della sua bassa quota e può sopravvivere (in passivo) soltanto con sovvenzioni pubbliche. Inoltre lo studio esplicita che la sua attività,
a causa della elevata distanza dal capoluogo, influisce in minima parte sull’offerta turistica di Saint-Vincent.
Ciononostante, dopo due anni e mezzo di discussioni e tentativi (poco convinti) di diversificare l’offerta, il Comune ha recentemente deciso di stanziare 655.000 euro per la revisione degli impianti. Contestualmente,
ha presentato domanda al Servizio Infrastrutture Funiviarie della Regione per ottenere un finanziamento (la Giunta regionale ha di recente presentato un disegno di legge con il quale si destinano alle piccole stazioni sciistiche 25 milioni di euro annui).
Un vero e proprio accanimento terapeutico, dunque. Soldi pubblici che rischiano di essere sprecati per ristrutturare impianti di risalita  che non potranno funzionare.